Epoca: Seicento
VENDUTO
Dipinto, olio su tela, dalle dimensioni di 105 x 130 cm senza cornice e di 125 x 155 cm con meravigliosa cornice intagliata e dorata di inizio '600, raffigurante il vero e proprio episodio del Ratto delle Sabine
Il ratto delle Sabine è una fra le vicende più antiche della storia di Roma, avvolta dalla leggenda.
Secondo la tradizione, Romolo, dopo aver fondato Roma, si rivolge alle popolazioni vicine per stringere alleanze e ottenere delle donne con cui procreare e popolare la nuova città. Al rifiuto dei vicini risponde con l'inganno: organizza un grande spettacolo per attirare gli abitanti della regione e rapisce le loro donne; Romolo programmò il ratto per costituire in qualche modo l'inizio della fusione tra i Romani ed i Sabini.
La gioventù romana non la prese di buon grado, tanto che la soluzione che andò prospettandosi fu quella di usare la forza. Romolo, invece, nel terzo anno del proprio regno decise di dissimulare il proprio risentimento e di allestire dei giochi solenni, chiamati Consualia, dedicati al dio Conso.
Quindi ordinò ai suoi di invitare allo spettacolo i popoli vicini: dai Ceninensi, agli Antemnati, Crustumini e Sabini, questi ultimi stanziati sul vicino colle Quirinale. L'obiettivo era quello di compiere un gigantesco rapimento delle loro donne proprio nel mezzo dello spettacolo. Arrivò moltissima gente, con figli (tra cui molte vergini e consorti, anche per il desiderio di vedere la nuova città.
Romolo prese posto tra la folla ed al segnale convenuto, insieme ai suoi uomini, estrassero le spade e catturarono le figlie dei Ceninensi, Crustumini, Antemnati e dei Sabini, lasciando fuggire i loro padri, che abbandonarono la città promettendo vendetta. Alcuni raccontano che furono rapite solo trenta fanciulle, Valerio Anziate cinquecentoventisette, Giuba II seicentottantatré, mentre Plutarco stima non fossero meno di ottocento. A favore di Romolo depose il fatto che non venne rapita nessuna donna maritata, se si esclude la sola Ersilia, di cui ignoravano la condizione. Il ratto fu spiegato da Plutarco non tanto come un gesto di superbia, ma piuttosto come atto di necessità, al fine di mescolare i due popoli.Il ratto avvenne il 21 agosto nel giorno in cui si celebrarono le feste dei Consualia.
Dei popoli che avevano subito l'affronto, furono sconfitti prima i Ceninensi, poi gli Antemnati,ed i Crustumini, la cui resistenza durò ancora meno dei loro alleati. Portate a termine le operazioni militari, il nuovo re di Roma dispose che venissero inviati nei nuovi territori conquistati alcuni coloni.
L'ultimo attacco portato a Roma fu quello dei Sabini, come ci raccontano Livio e Dionigi di Alicarnasso, che prima presero il Campidoglio, con il tradimento di Tarpeia, poi impegnarono i romani in un durissimo scontro nella Battaglia del lago Curzio.
Fu in questo momento che le donne sabine, che erano state rapite in precedenza dai Romani, si lanciarono sotto una pioggia di proiettili tra le opposte fazioni per dividere i contendenti e placarne la collera.
Con questo gesto entrambi gli schieramenti si fermarono e decisero di collaborare, stipulando un trattato di pace, sulla via che per questo fatto da allora sarebbe stata chiamata Via Sacra, varando l'unione tra i due popoli con comunanza di potere e cittadinanza,associando i due regni (quello di Romolo e Tito Tazio), lasciando che la città dove ora era trasferito tutto il potere decisionale continuasse a chiamarsi Roma,anche se tutti i Romani furono chiamati Curiti (in ricordo della patria natia di Tito Tazio, che era Cures ) che vedeva così raddoppiata la sua popolazione.
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Dr. Riccardo Moneghini
Storico dell'Arte