Epoca: Seicento
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Questo elegante Vaso di fiori, dipinto a olio su tela dalle dimensioni di 68 x 49 cm senza cornice e di 85 x 66 cm con cornice, dal contenitore a forma di anfora con piccolo piede tondo, sbalzato nella fascia superiore con una raffinata figurazione di Galatea su una conchiglia, s'inserisce con un'indubbia rilevanza nel foltissimo novero di questo basilare tema della "natura morta" europea ed italiana, tanto per l'alta valenza mimetica con cui sono resi i singoli fiori, quanto per la loro ariosa disposizione conferente una profondità spaziale alla composizione, nonostante la sua classica impostazione frontale.
Esso infatti è una rappresentativa e tipica opera di Mario Nuzzi detto Mario dei Fiori ( Roma 1603 – 1673 ) la cui paternità emerge con chiara evidenza sia dalla succitata impronta espositiva che dal dettagliato descrittivismo dei singoli fiori eseguiti colla sua inconfondibile cifra stilistica, contrassegnata da una nitidezza plastica e lineare permeata da un penetrante sensibilità cromatico luministica.
Se indubbiamente in questo tema si riallacciò direttamente alla tradizione dei maestri olandesi e fiamminghi della fine del Cinquecento, di certo da lui apprezzati e studiati direttamente, il Nuzzi seppe infondere ai suoi "Vasi di fiori" una più palpabile oggettività rispetto alla cristallina
nitidezza dei maestri nordici, aderendo sin dall'inizio alle montanti fortune del Barocco, progressivamente assecondate con sempre maggiori fragranza e libertà espositive.
Aperture interpretative che già si possono cogliere nel presente dipinto, in cui se i parametri in alto sono svettanti, altri, come il tulipano, mostrano un appassimento incipiente, ma è soprattutto nella impressione tridimensionale che genera questo bouquet che si esplica il gusto innovativo di Mario dei Fiori. Quindi un' opera già matura ma non avanzata, in quanto la visione dal basso in alto, tipica di
molti suoi esempi collocabili agli ultimi due decenni della sua carriera, qui risulta
solo accennata. Tuttavia tracciare un percorso, anche elastico, della cospicua attività del Nuzzi risulta difficile, data la scarsità di sue opere di sicura datazione.
Comunque molti sono i raffronti più che convincenti con il dipinto qui preso in esame, che si possono espungere dalla consultazione della pubblicazione curata da G. e U. Bocchi, Pittori di Natura Morta a Roma. Pittori italiani (1630 - 1750) (Arti Grafiche Padana, Verona 2005, pp.67-142, figg. MN 1-64), comprendente una vasta selezione delle opere del Nuzzi e un'aggiornata introduzione sulla sua personalità. Sulla quale la critica si era soffermata sin dall'inizio dei moderni studi specifici, quali quelli dello Sterling e De Logu., seguita poi dalla sua rappresentativa presenza alla mostra del Palazzo Reale di Napoli del 1964 - prima grande rassegna ed ancora oggi la più completa sulla "natura morta" italiana - e dalla trattazione di L. Laureati (La natura morta in Italia, Electa ed. Milano 1989, II, figg. 897-98), per citare solo le tappe maggiori; ma mai con
l'ampiezza e la documentazione, nonché con il ricco repertorio illustrato, tuttavia ben lungi dall'essere esaustivo, della succitata opera. All'uopo si possono citare alcuni "Vasi di Fiori" già nella collezione Mansi di Lucca (op. cit., figg. MN 47-50); assai calzante è anche il raffronto con uno dei due ottagoni di collezione privata (op. cit., fig. MN 55), come, con il riferimento pure al contenitore, la coppia della collezione Molinari Pradelli e l'altra del Museo Civico di Como (op. cit., figg. MN 57-58 e MN 59-60).
Questo "Vaso di fiori" s'inserisce significativamente nello specifico catalogo del Nuzzi, incentrato sull 'iconografia da lui più dipinta e della quale egli fu un indiscusso protagonista non solo italiano ma anche europeo. Infatti pur riallacciandosi alla precedente tradizione dei Paesi Bassi, il maestro romano mise a punto una formula inventiva di vasto successo, con un'evoluzione che muove dalle prime esperienze della scuola romana, nella scia del Caravaggio (Mario non a caso era nipote di Meo Salini), verso più progressive aperture barocche con una pronta adesione ai nuovi mutamenti estetici. Anche se occorre non tralasciare altre sue inventive come il gruppo di opere consdervate in spagna e la serie delle stagioni del palazzo chigi ad Ariccia indubiamnete il vaso di fiori rappresentò una delle chiave del successo del Nuzzi già ampiamente riconosciuto dalle fonti contemporanee ed immediatamente seguenti.
Rivediamo nella presente opera gli stessi gelsomini dei quali Mario Nuzzi può dirsi il poeta: poeta della loro bianchezza aulente e stellata. Essi sono fiori fatti dall'arte di un fiorista che fu architetto anche dei gambi, dei petali e dei calici.
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Dr. Riccardo Moneghini
sperto in pittura antica - perito del tribunale