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In questa raffigurazione del “Trionfo di Galatea” (dipinto a olio su tela, cm 80 x 54 senza cornice ed 86 x 60 cm con cornice) emergono una impronta pittorica di base e uno sciolto gusto espositivo che riconducono chiaramente a una diretta matrice giordanesca. Tuttavia nella calibrata compostezza dell’inventiva, basata su uno schema piramidale con la dea seduta su una conchiglia emergente dal mare, ossequiata in basso da due ignude nereidi e un gagliardo tritone con barba, con l’aggiunta di un amorino, affiancata poi a sinistra dalla presenza un po’ arretrata di Nettuno e Anfitrite, si può rilevare una inflessione classicistica dell’iniziale esuberanza barocca, imputabile all’influenza delle tendenze propugnate dal Belluri e perseguite da Carlo Maratti a Roma. recepite pure dal Solimena a Napoli.

Ritengo che la presente “Galatea” sia una qualitativa testimonianza di Nicola Malinconico (Napoli 1663 – 1727), da assegnarsi alla sua piena maturità, probabilmente al primo decennio del Settecento, dopo l’importante parentesi bergamasca dell’ultimo decennio del secolo precedente (all’uopo vedi la documenta trattazione di C. Ravelli, Un pittore partenopeo a Bergamo: Nicola Malinconico …..per Santa. Maria Maggiore, Bergamo 1988).

Una fase che fu la più prolifica dell’attività del Malinconico con opere in numerose chiese napoletane e dei dintorni - tra cui le più famose in S. Maria Donnalbina e S. Maria la Nova – nelle quali Nicola seppe mantenere la fragranza della matrice barocca, pur esplicando un temperamento della sua basilare formazione, maturata a diretto contatto del Giordano

Il Malinconico mirando soprattutto aglì incarichi pubblici e quindi principalmente chiesastici, non tralasciò però certamente anche le committenze private e i soggetti profani, dei quali la presente “Galatea” costituisce una rappresentativa testimonianza.

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Dr. Riccardo Moneghini

Storico dell'Arte